I creatori di ransomware hanno in mente una sola cosa: ottenere i soldi da chi paga il riscatto.
E per semplificare questo processo ne sanno una più del diavolo. Vediamo perché.
Per pagare i riscatti si usa quasi sempre la cryptomoneta Bitcoin, ma forse non tutti sanno come e dove si trovano i Bitcoin, come si comprano, ecc.

I creatori del ransomware Rokku questo lo sanno bene ed è per questo che hanno creato un virus diverso dagli altri.
Sul lato “tecnico” il virus è più o meno come gli altri: arriva attraverso un’email di spam che contiene un allegato, allegato che in genere è un finto file .pdf (mentre in realtà è un temibile file eseguibile).
Una volta cliccato sull’allegato ecco che il virus inizia a cifrare i dati con l’estensione rokku.
Fin qui tutto “normale”, ma ora arriva il punto interessante.
Finito il processo di criptazione, viene chiesto di pagare il riscatto per riottenere i propri file.
Nulla di nuovo? Invece sì. La novità è che i creatori sanno che la maggior parte degli utenti non sa come trovare i Bitcoin per cui hanno pensato di inserire nelle schermate di richiesta di riscatto un QR code (hai presente quei quadrati di puntini bianchi e neri?). Se si segue il link del QR code si viene proiettati su Google dove viene eseguita una ricerca relativa a come procurarsi i Bitcoin necessari.
Ulteriori dettagli su questo ransomware li trovi su in questo articolo.